16 giugno, 11. 20 circa, terzo giorno del Taormina Film Festival. C’è un gran chiacchiericcio eppure metà della sala A del Palacongressi è ancora vuota. Tante donne in attesa della Tao Class con Pamela Anderson fremono e volano commenti sarcastici, battute poco felici. L’ex bagnina di Baywatch non ha dalla sua il pubblico intellettuale femminile, ma degli adolescenti scapigliati e chiassosi. Hanno invaso la sala e fanno indispettire chi al collega che lamenta l’assenza dell’aria condizionata risponde: “Co sti ragazzini pieni d’ormoni si respira ancora meno!”. Siamo sommersi da chiacchiere di donne in una nuvola di testosterone. Una tizia batte già il pezzo che finirà su qualche rubrica, mentre Pamela non ha ancora poggiato il suo tacco 12 su suolo taorminese. Scrive anche un omino vestito da commesso del reparto elettronica compunto e in silenzio, un quindicenne appassionato si sventola col foglio e sorride inebetito. Arriva una signora in là con gli anni, folkloristicamente vestita da nonna siciliana. “Excuse me”. E’ americana. I ragazzini commentano: “Sarà la nonna?”.
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Pamela Anderson, fisico asciutto, biondi capelli corti e spettinati, sorriso a 32 denti, sembra ancora una ragazzina nell’aspetto anche se l’atteggiamento è più contenuto, serio, da donna. Una donna che forse in fondo è sempre rimasta un po’ bambina, ne sono la prova i ruoli interpretati nel corso di una carriera, tra la superdonna sexy e la svampita superficiale al limite della demenza. La Anderson ha avuto il pregio, sottolinea chi la intervista, di portare sullo schermo una mordace caricatura di se stessa e del personaggio che l’ha resa celebre, la belloccia senza cervello. Pamela sbeffeggia davvero la società americana schiava dell’avvenenza fisica, oppure ne sfrutta le componenti ironiche e grottesche per avere maggiore successo, ora che il tempo delle pin-up in push up è finito e i canoni di bellezza sono cambiati? Ognuno si risponda come vuole, ma di quel tipo di società Pamela ha sempre fatto parte e ne è stata condizionata, da quando correva a rallentatore per salvare la vita di qualche disgraziato travolto dalle onde in Baywatch, costume sgambatissimo e salvagente alla mano. E’ infatti per essere entrata nell’immaginario comune come una statuaria Barbie California di origini canadesi che le donne la odiano. In Italia di Pamela Anderson gli uomini ricordano il petto prosperoso, le donne il silicone che lo riempiva. Forse gli unici a poterla apprezzare (ed accettare) davvero sono i ragazzi, le nuove generazioni, per le recenti apparizioni in film demenziali di successo, e la svolta umanitaria animalista e a difesa della donne.
“Mi sono sempre piaciuti più gli animali delle persone” afferma “Prima di avere figli” aggiunge ridendo simpatica e frizzante come coca cola. E le donne? Oggi in sala ce ne sono tante e tutte interessate a vederci chiaro su questa presunta coscienza femminista della Anderson. Le domande sono arrivate puntuali ed insistenti, ripetute più volte, come colpi di cerbottana, perché mai soddisfatte della risposta. “Ma quindi lei cos’ha fatto di concreto, non bastano le parole!”. Ma la Anderson, oltre a fondare, investendo i suoi soldi, un’associazione che sostiene psicologicamente le donne vittime di violenza ed abuso, si espone raccontando la propria esperienza, spronandole a denunciare. In America c’è gente che vive del raccontare la propria vita agli altri, mettere in comune e far conoscere il proprio personalissimo trauma affinché altri riescano a superare il loro. Certo, ci sono altri modi di impegnarsi nel sociale ma è anche vero che una persona può voler fare qualcosa di positivo anche senza diventare Madre Teresa.
Ecco che arriva però la domanda cattiva: “Come sarebbe stata la sua carriera senza aver avuto delle belle tette?”. Anche gli intellettuali la buona educazione la lasciano a casa quando spinti da nobili motivazioni. Cattiva si, ma tutti abbiamo teso le orecchie per sentire la risposta. Pamela non si scompone, dopo uno sguardo sospeso nell’attesa che la traduttrice le spieghi, ribatte ironica: “Da quelle ho iniziato ma sono andata avanti”. Perché Pamela è cosciente che la sua vita sarebbe stata diversa se quel giorno alla partita di football non fosse finita proiettata sui maxischermi e qualcuno non l’avesse notata. Da qui la proposta di diventare ragazza immagine, poi modella, e poi attrice. “Da giovane pensavo solo che avrei avuto dei figli, non che sarei diventata un’attrice, è successo per caso. In Baywatch volevo solo stare sulla spiaggia col mio cane, non pensavo al futuro. Non mi sono mai considerata un’attrice quando recitavo in quella serie, ero solo fortunata perché mi pagavano per fare quello che mi piaceva e che avrei fatto comunque: andare a mare”. Salvata da una maternità prematura e la vita al fianco d’un giovane con problemi economici. Non c’era nessun piano B, ma per fortuna è successo.
Finalmente si comincia a parlare un po’ di cinema con l’ospite, e le si chiede qual è il regista italiano che preferisce. “Credo di essere in ritardo per Fellini”. Chissà forse la Anderson ha sempre sognato di essere Anita Ekberg nella fontana di Trevi, ampia scollatura e vestito lungo, capelli vaporosi da biondona tutta curve a gridare con strida d’usignolo americano: “Marcello, come here!!”. Il remake della Dolce Vita. E invece s’è dovuta accontentare d’un ruolo da bagnina californiana, lo sguardo serio e sensuale, con tintarella e tuffo giornaliero garantiti. Pazienza, ci s’adatta. Ma la domanda migliore arriva alla fine: “Lei chi salverebbe e chi lascerebbe affogare dei personaggi di spicco dei nostri giorni?”. La Anderson rimane interdetta. “Intende un uomo?”. Chissà che le staranno traducendo. “Oh.. Oh mamma..” esclama con una faccina sconvolta, schiacciata sotto il peso della responsabilità “Non voglio che muoia nessuno!”. Il giornalista, cogliendo nei problemi linguistici la vera causa, va diretto: “Tra Bush e Obama chi salverebbe?”. Pamela sbatte ancora le palpebre, allibita, quasi spaventata che le venga chiesto di fare qualcosa di illegale, di attentare all’incolumità del presidente degli Stati Uniti. “Salverei Obama naturalmente” risponde, e m’aspetto che chieda adesso: “Posso andare?”. Lascia la sala dopo essersi cordialmente trattenuta con chi le chiedeva un autografo. Vedo uno dei ragazzini dell’inizio, quello che sorrideva, ritornare vincitore sventolando un pezzo di carta. Fa il gesto del campione piegando il braccio. E’ proprio contento, e nei suoi occhi non ci sono dubbi su chi sia la donna più bella del mondo.